Procedura fallimentare: caratteristiche e normativa

Ti interessa approfondire le varie fasi  della procedura fallimentare per esigenze di studio o professionali?
Vorresti diventare curatore ma non sai qual è la strada da intraprendere per specializzarti e acquisire le competenze necessarie per svolgere la professione?

A queste e ad altre domande risponderà l’Università Telematica Niccolò Cusano di Milano che attraverso questo post ti fornirà informazioni e strumenti per avvicinarti alla materia e per iniziare a familiarizzare con l’iter procedurale relativo al fallimento.

Buona lettura!

Il fallimento

Per comprendere nel dettaglio cos’è e come si svolge la procedura fallimentare è d’obbligo conoscere il significato di fallimento.

Il sito di Wikipedia riporta la seguente definizione:

“Il fallimento, nell’ordinamento giuridico italiano, è una procedura concorsuale liquidatoria, a cui si può ricorrere in presenza di determinati requisiti. Essa coinvolge l’imprenditore commerciale con l’intero patrimonio e i suoi creditori. Tale procedura è diretta all’accertamento dello stato di insolvenza dell’imprenditore, all’accertamento dei crediti vantati nei suoi confronti e alla loro successiva liquidazione secondo il criterio della par condicio creditorum, tenendo conto delle cause legittime di prelazione.”

Si tratta in altre parole di una procedura finalizzata ad accertare il reale stato di insolvenza dell’imprenditore e i crediti vantati nei suoi confronti, per poter poi procedere con la liquidazione degli stessi basata sulla par condicio creditorum (giusta ripartizione tra i creditori).

Normativa

La procedura è regolata dal Regio Decreto n. 267 del 16 marzo 1942 (Legge Fallimentare).

Nel corso degli anni la normativa è stata oggetto di profonde modifiche rivolte ad allineare la disciplina al diritto nazionale e comunitario e a garantire la conservazione dell’impresa come complesso produttivo.
Tra gli obiettivi delle modifiche la semplificazione e lo snellimento del processo procedurale.

Da segnalare l’art. 1 della Legge Fallimentare il quale prevede la sostituzione del termine ‘fallimento’ con ‘liquidazione giudiziale’.

Per la dichiarazione di fallimento la normativa richiede due presupposti: il primo soggettivo e il secondo oggettivo.

Per quanto riguarda il presupposto soggettivo l’articolo 1 individua gli imprenditori che esercitano attività commerciale tra gli assoggettabili al fallimento. Sono esclusi gli enti pubblici, gli imprenditori agricoli e i piccoli imprenditori.

Ai sensi dell’articolo 2082 del Codice Civile è imprenditore “chi esercita professionalmente un’attività organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi.

Tra le novità del disegno di legge n. 2681 del 11/10/2017 il punto e) dell’articolo 2, il quale in riferimento al requisito soggettivo stabilisce quanto segue:

“assoggettare al procedimento di accertamento dello stato di crisi o di insolvenza ogni categoria di debitore, sia esso persona fisica o giuridica, ente collettivo, consumatore, professionista o imprenditore esercente un’attività commerciale, agricola o artigianale, con esclusione dei soli enti pubblici, disciplinando distintamente i diversi esiti possibili, con riguardo all’apertura di procedure di regolazione concordata o coattiva, conservativa o liquidatoria, tenendo conto delle relative peculiarità soggettive e oggettive e in particolare assimilando il trattamento dell’imprenditore che dimostri di rivestire un profilo dimensionale inferiore a parametri predeterminati, ai sensi dell’articolo 1 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, a quello riservato a debitori civili, professionisti e consumatori, di cui all’articolo 9 della presente legge.”

Il presupposto oggettivo dello ‘stato di insolvenza’ si manifesta invece:

“con inadempimenti od altri fattori esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.”

legge fallimentare

Fasi della procedura fallimentare

La procedura fallimentare è il processo attraverso il quale viene gestito il fallimento di un’azienda.
L’iter, disciplinato dalla Legge Fallimentare R.D. 16 marzo 1942, prevede svariate fasi, che di seguito analizzeremo nel dettaglio.

Conservazione e amministrazione del patrimonio

La fase di custodia e amministrazione del patrimonio include tutte le operazioni indispensabili per avviare la procedura: apposizione di sigilli sui beni del debitore e inventario.

Laddove necessario è prevista l’assistenza della forza pubblica.

Al curatore, in fase di apposizione sigilli, devono essere consegnati anche i titoli, le scritture contabili, il denaro contante.
Al termine dell’operazione si procede con l’inventario e con la redazione del relativo verbale.

La fase di amministrazione conferisce al curatore la facoltà di compiere qualsiasi atto di ordinaria amministrazione; per quelli di straordinaria amministrazione è invece richiesta l’autorizzazione del comitato dei creditori.

Accertamento del passivo

Terminata la fase di analisi delle scritture e degli atti contabili il curatore comunica ai creditori, e a tutti i soggetti che vantano diritti sui beni del fallito, la possibilità di partecipare al concorso tramite una ‘domanda di ammissione al passivo’.

L’operazione è finalizzata ad individuare i creditori autorizzati a partecipare al riparto dei beni; allo stesso tempo la fase di accertamento mira alla determinazione dell’ammontare di ciascun credito e all’identificazione di eventuali prelazioni.

Liquidazione e ripartizione dell’attivo

La liquidazione dell’attivo consiste nella conversione dei beni del fallito in denaro; si tratta, in altre parole, dell’operazione finalizzata al soddisfacimento dei creditori.

Le modifiche dei provvedimenti legislativi prevedono che entro sessanta giorni dalla redazione dell’inventario, e comunque non oltre 180 giorni dalla sentenza che dichiara il fallimento, il curatore è tenuto a predisporre un programma di liquidazione da sottoporre all’approvazione del comitato creditori.

All’approvazione segue la comunicazione del programma al giudice delegato il quale autorizza l’esecuzione dei relativi atti e il riparto finale.

Chiusura del fallimento

Eseguito il riparto finale non resta che procedere con la chiusura del fallimento, che avviene quando:

  • si divide l’attivo senza il soddisfacimento integrale dei creditori;
  • è impossibile procedere alla ripartizione per mancanza di attivo;
  • nessun creditore ha presentato domanda di ammissione al passivo nei termini prescritti;
  • sono state estinte tutte le passività.

La chiusura deve essere dichiarata dal Tribunale attraverso decreto motivato, su istanza del curatore o del debitore.
La procedura comporta: la cessazione delle funzioni degli organi fallimentari; la restituzione al debitore dei suoi diritti patrimoniali; la riacquisizione da parte dei creditori del potere ad agire individualmente verso il debitore per tentare di recuperare gli eventuali crediti non pagati dalla procedura fallimentare.

Gli organi del fallimento

La gestione della procedura fallimentare richiede l’intervento di svariati organi e profili professionali.

Il tribunale fallimentare si occupa di seguire l’intera procedura e più in particolare è preposto alla nomina/revoca degli organi del fallimento quali il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori.

Il giudice delegato è un profilo il cui ruolo è stato significativamente ridimensionato dalla riforma del 2006.
Secondo la nuova normativa la sua operatività si concretizza nell’esercizio di un mera funzione di vigilanza sulla regolarità della procedura.
Rientrano tra le sue competenze l’approvazione del programma di liquidazione e la valutazione delle domande di ammissione al passivo.

Il comitato dei creditori è composto da tre o cinque membri, selezionati tra tutti i creditori, il cui ruolo è quello di vigilare sull’operato del curatore fallimentare; in particolare ne autorizza gli atti e fornisce pareri laddove richiesti dal tribunale e/o dal giudice delegato.

Passiamo ad analizzare il curatore fallimentare, una figura estremamente importante alla quale è assegnato il compito svolgere tutte le operazioni necessarie per la gestione della procedura.
Nominato durante la sentenza di fallimento si occupa essenzialmente di amministrare il patrimonio oggetto di fallimento.

Il profilo ricopre un ruolo complesso nell’ambito del quale rientrano: atti di ordinaria amministrazione (stipula dei contratti di assicurazione, vendita di beni deperibili, esazione dei crediti ecc.), atti di straordinaria amministrazione (non necessari ma utili) e atti singoli particolari.

Data la peculiarità della professione è fondamentale affidarsi a profili qualificati, le cui competenze risultino aggiornate in merito alle più recenti evoluzioni normative.

A chi desidera diventare curatore fallimentare consigliamo il master in ‘Curatore fallimentare’, afferente alle facoltà di Economia e Giurisprudenza, erogato dall’Università Telematica Niccolò Cusano.

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